Comunicazione & Traduzione: intervista a Giovanna Pandini

La traduzione non è un’attività slegata dal mondo e, per così dire, ascetica: anzi, è un tassello fondamentale in un mondo sempre più connesso e globale dove il valore della parola scritta e ben tradotta si rivela sempre più cruciale.

Da questa certezza nasce il desiderio di incontrare alcuni professionisti della comunicazione e della traduzione per condividere pensieri, opinioni e sfide di questo mestiere più affascinante.
Nell’ambito di questo progetto ho intervistato Giovanna Pandini, Managing Director per l’agenzia di PR e comunicazione Noesis. Ecco che cosa ci siamo dette in un soleggiato pomeriggio milanese.

Traduzioni e uffici stampa: consigli, opinioni e best practice

[Opitrad] Perché è ancora importante presentare una buona traduzione per chi lavora nelle PR, anche se il nostro mercato è ormai globale?

[Giovanna Pandini] Dico subito che la qualità della scrittura, in qualunque lingua essa si presenti, è importante di per sé.
È poi vero che, una volta, la traduzione poteva avere un’audience più “piccola” ma oggi, proprio perché il mercato è ormai globale (anche grazie a Internet) sempre più persone parlano e comprendono le lingue straniere e quindi sono in grado di capire se una traduzione è fatta bene oppure no. Ecco perché il fattore qualità è diventato ancora più importante.

[Opitrad] Gli anni ’80 e ’90 sono stati la Golden Age delle traduzioni in ambito Ict. Oggi quali sono i settori dove è più “necessaria” una traduzione professionale e perché?

[Giovanna Pandini] Tutti quei settori che più di altri sono aperti verso l’economia globale e che hanno un pezzo importante del loro business nell’esportazione. Quindi, dovendo citarne alcuni che riguardano più il sistema italiano, direi: la Moda, il Design e tutte quelle traduzioni per il settore alimentare che spesso hanno a che fare con il cibo e il vino.

[Opitrad] Immagino che avrai sviluppato un “orecchio” capace di filtrare una traduzione professionale piuttosto che un’altra…

Io apprezzo molto la capacità di “rendere” bene il settore, nel modo in cui il settore si esprime. Ad esempio le traduzioni specialistiche riguardanti la tecnologia sono piene di inglesismi: ma quegli inglesismi, in quel settore specifico, non si toccano e si lasciano così perché quello ormai è un gergo universale.

[Opitrad] Ma quale criterio utilizzi per stabilire se una traduzione è davvero professionale?

[Giovanna Pandini] Io non ho (come potrei averne uno?) un criterio “scientifico”. Nello specifico, noi delle PR siamo abituati a basarci su documenti scritti in lingua originale: da parte mia, confermo di avere molto occhio sull’inglese, la lingua che uso di più e che conosco meglio.
A volte mi capita di leggere documenti tradotti in modo poco professionale, dove la costruzione delle frasi e la sintassi non rispecchiano per nulla né la sintassi né tantomeno il flow tipico degli inglesi. Mi è successo per esempio in alcuni testi ricollegabili a Expo 2015.

[Opitrad] Cosa disamora di più un cliente: un calco o un refuso?

[Giovanna Pandini] Sicuramente il calco. Il refuso (anche se a tutti noi delle PR non piace mai) può essere scusabile in quanto è una svista. Il calco invece è la traduzione fatta male che va assolutamente evitata. Se si possono evitare tutti e due è chiaramente meglio, ma se proprio ci fosse da scegliere quale buttare giù nel classico gioco della torre… io direi il calco.

[Opitrad] E cosa lo interessa di più, invece: il linguaggio naturale oppure una prosa più sfolgorante di aggettivi?

[Giovanna Pandini] È molto relativo, perché tutto va rapportato al contenuto, ovvero al settore e alla tipologia di documento da tradurre, anche se è chiaro che una buona traduzione deve assolutamente seguire l’impostazione del contenuto. Infatti la buona traduzione deve saper rendere al meglio il testo originale, a prescindere dalla quanità di aggettivi che usa, a seconda del destinatario. Noi delle PR siamo, poi, professionisti della comunicazione verso i media e quindi in generale il nostro linguaggio è un linguaggio scarno e giornalistico.
Se invece andiamo su settori diversi (come per esempio le traduzioni per Moda e il segmento del lusso) e se stiamo parlando anche di strumenti di comunicazione più lontani da quelli classici che vengono usati in un ufficio-stampa… allora sì che conta l’aggettivo.

[Opitrad] In base alla tua esperienza, qual è il segreto di una buona collaborazione tra chi commissiona e chi fornisce traduzioni professionali?

La conoscenza reciproca. Ci si deve incontrare, capire e soprattutto allineare sulle esigenze. Un testo tradotto può essere apparentemente bellissimo, però può anche innestarsi come un vero e proprio “corpo estraneo” all’interno di una comunicazione che deve restare professionale.

[Opitrad] Secondo te è giusto valutare i progetti di traduzione considerandoli come una pura funzione “di staff”, per così dire, segreteriale?

[Giovanna Pandini] Assolutamente no! Soprattutto in un mondo come il nostro dove l’importanza dei testi e dei contenuti rimane centrale: io sono molto intransigente sui testi, in qualunque lingua vengano scritti.

[Opitrad] Si sente parlare di Uffici Marketing che traducono materiali per la comunicazione in modo sommario. Perché è sbagliato e cosa si perde?

[Giovanna Pandini] In linea di principio è sbagliato lavorare in modo sommario su tutto: qualunque “pezzo” del processo comunicativo dovrebbe essere fatto da un professionista, che sia una traduzione oppure no.
Che cosa si perde? Si perde la qualità dell’insieme. Succede spesso di dover curare dei prodotti editoriali – ad esempio un libro o una brochure – e di volerli presentare in maniera molto bella dal punto di vista della grafica… tuttavia penso che si debbano curare molto bene anche i contenuti. Ovviamente la forma deve essere almeno presentabile, però la sostanza nella comunicazione è più importante. Anzi, oggi che i budget sono sempre più limitati, la cosa su cui investirei di più sono assolutamente i contenuti.

Annalisa Occhipinti

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